Fitprime: la vincitrice della 5^ Startup Competition del WMF si racconta

Abbiamo incontrato Matteo Musa, co-founder di Fitprime, startup che ha trionfato sul palco del WMF e che ora si appresta ad intraprendere nuove sfide di business.

Lunedì 29 Aprile 2019
Simone Di Sabatino

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La Startup Competition del Web Marketing Festival è la più grande competizione di Startup in Italia. Giunta alla sua sesta edizione, che si terrà il prossimo 20, 21 e 22 giugno al Palacongressi di Rimini, ha raccolto finora più di 1.500 startup candidate e oltre 750mila euro in premi. Le iscrizioni per la nuova Startup Competition 2019 scadono il 6 maggio - per candidare il proprio progetto basta compilare il form di riferimento - quindi affrettatevi. Le vincitrici delle passate edizioni, da JustKnock a Friendz, passando per TOMMI e Fitprime, hanno tutte avuto ottimi sviluppi.


Dopo diversi mesi dalla vittoria della Startup Competition dello scorso anno abbiamo voluto incontrare Matteo Musa, co-founder di Fitprime, per scambiare qualche parola sugli sviluppi dell’azienda e degli obiettivi per il futuro. L’idea che sta alla base di Fitprime è quella di mettere in contatto centri sportivi e utenti in una maniera completamente nuova. Pensata per adattarsi alle esigenze e necessità delle singole persone, Fitprime propone abbonamenti a misura di utente, che non deve così più preoccuparsi di scegliere la palestra bensì il modo di allenarsi o le attività da provare. Fitprime infatti propone ad esempio abbonamenti mensili che permettono al cliente l’accesso a centinaia di centri convenzionati in tutta Italia.

Ciao Matteo, piacere di risentirti! Ci racconti un po’ di come siete venuti a conoscenza della Startup Competition del WMF?
L’evento lo conoscevamo già, lo abbiamo sempre seguito e avevamo già fatto l’application l’anno precedente (2017, ndr) ma non fummo selezionati. Ci è andata meglio la seconda volta. Il Web Marketing Festival è un punto di riferimento, oltre che per il mondo del marketing e digital, anche per tutto il mondo delle startup. Ti racconto un piccolo aneddoto: la prima volta che ne sentii parlare fu grazie ad una email dell’acceleratore dell’epoca, ci scrisse espressamente che si trattava di uno dei pochi eventi - in Italia - a cui valeva la pena partecipare

Come vi è sembrata la 5^ edizione della Startup Competition?
A livello personale siamo stati veramente molto contenti, sono nate molte situazioni di networking, l’evento ci ha fatto molto brand awarness. Esempio: poco dopo il WMF18 sono arrivato in un’azienda nota e sapevano che avevamo vinto la Startup Competition al WMF. Mi è successo a diversi meeting durante l’anno. La competizione è organizzata veramente bene, tutto perfetto, team, mentor, opportunità a portata di mano. Davvero una bella esperienza.

Cosa ricordate della vostra partecipazione alla Startup Competition del WMF18?
Non immaginavo ci sarebbe stata tutta quella gente. Conoscevo l’evento, sapevo che era prestigioso ma quando siamo partiti per Rimini per presentare il pitch l’abbiamo presa con leggerezza, immaginavamo che lo spazio dedicato alle startup fosse marginale. Quando ho saputo che dovevo presentare il pitch in sala plenaria con 2mila persone in platea mi sono messo in fretta e furia a ripassarlo!

Consigliereste ad altre startup di partecipare al WMF?
Assolutamente sì, lo facciamo continuamente.

E cosa diresti a qualcuno che ha un’idea innovativa da sviluppare?
Di approfondire la questione. Cioè spesso non ci si rende conto del lavoro che c’è dietro, ad esempio il materiale umano, le risorse finanziare, il tempo investito. Si pensa che Fitprime sia un’app, non un’azienda. Ho parlato con aziende e agenzie che avevano 2-3 persone che lavoravano per sviluppare una startup. Poi quel progetto, dopo 15-20 mila euro investiti, viene cestinato perché si prende questo mondo con molta superficialità. Per far crescere bene un caso di successo c’è bisogno di milioni di euro di investimento e di 20-30 persone che lavorano continuamente al progetto.
Approfondire le tematiche legate al mondo startup significa evitare di perdere tempo. C’è bisogno di attenzione, cura dei particolari e di professionalità, altrimenti non ha senso investire del tempo in un discorso del genere. Purtroppo nel mondo startup si pensa che non ci sia bisogno di professionalità, che può stare in secondo piano. Ma secondo me è la prima cosa di cui c’è bisogno e deve essere in primo piano in ogni cosa che si fa.
Nel nostro caso ad esempio, per crescere, ci affidiamo anche a consulenti esterni, persone altamente professionali e competenti. Anche se a volte non ce li possiamo permettere facciamo uno sforzo e chiediamo loro una consulenza - li prendiamo a gettone - e ci permettono anche loro di dare alla nostra azienda un valore aggiunto. Ad esempio per rifare il logo nuovo e per approcciare il tema in maniera professionale abbiamo preso 2-3 professionisti a gettone, abbiamo rifatto il brand, spendendo il giusto. Internamente non avevamo le competenze necessarie e non potevamo assumere persone full time che si occupassero solo di quell’aspetto. Ecco, anche in questo caso: se non abbiamo risorse ad hoc cerchiamo comunque il miglior modo di fare per raggiungere il miglior risultato possibile.

Bene, siamo contenti che la vostra partecipazione alla nostra Startup Competition sia stata un ottimo trampolino di lancio. Ora raccontaci meglio di Fitprime: da dove è partita la vostra idea?
Nasce 2 anni e mezzo fa, io venivo dal mondo del fitness, ero direttore tecnico presso il Salaria Sport Village, il più grande circolo sportivo d’Europa. Mi occupavo di acqua e acquafitness e qui ho maturato l’idea piuttosto rudimentale di quello che è oggi Fitprime. Con questa idea iniziale ho conosciuto i tre soci in un evento dedicato alle startup a Roma. Attraverso la mia esperienza diretta di mercato conoscevo le necessità degli utenti, che avevano bisogno di sempre maggiore flessibilità per trovare strutture dove allenarsi. Dall’altra parte mi sono accorto che molti centri sportivi non erano così digitalizzati e così ho pensato di organizzare meglio i canali marketing e online. Questo ci ha dato lo spunto per partire con la nostra idea di customer engagement.
All’inizio non è stato così facile, le startup competitor prima di noi - 2 o 3 in totale, tutte italiane - dopo pochi mesi hanno abbandonato l’idea o chiuso perché non riuscivano a coinvolgere centri sportivi. Io venivo dal mondo del fitness, e anche Damiano Rossi (co-founder Fitprime, ndr), mentre gli altri due soci e co-founder sono Laura Carpintieri e Gianluca Mozzillo. Conoscendo bene il mercato, e il nostro network costruito negli anni, siamo così riusciti a coinvolgere più di 50-60 strutture senza un prodotto in mano. Questo ci ha facilitato molto per crescere perché ti presenti in centri che ti conoscono perché grazie alla nostra esperienza nel settore dove lavoravamo, avevamo già una base utenti da poter presentare. Abbiamo trovato una corsia preferenziale, che credo sia stata la discriminante maggiore. Siamo cresciuti piano però perché dovevamo sradicare un po’ di attriti: i centri sportivi erano infatti restii sulla possibilità di collaborare con società digitali. Ora invece sono i centri sportivi che ci cercano perché abbiamo sviluppato il brand in tutta Italia.

Volevate entrare nel mondo del mercato con una vostra idea di business o è stato un caso?
Avevo già un’idea imprenditoriale per conto mio. A 25 anni ero già direttore e volevo crescere. Il fatto di aver aperto con altri 3 founder non dico che è avvenuto per caso, ma un po’ sì. Di noi 4 nessuno conosceva il mondo startup, non sapevamo le logiche. È stato però un bene perché ha permesso a persone che non venivano dal settore digitale di lanciare un nostro prodotto senza altre influenze. Il problema dei nostri competitor che hanno rinunciato, ad esempio, è il fatto che non venivano dal mondo fitness, erano di sicuro più esperti in fatto di startup, ma se non conosci il mercato dove operi è difficile partire.
Un colpo di fortuna è arrivato dall’acceleratore LUISS EnLabs: di solito loro prendono startup che hanno già una beta funzionante e revenues embrionali, nel nostro caso invece, per prima volta, hanno fatto uno strappo alla regola e ci hanno preso, noi che non avevamo nulla se non una idea, pensa che non avevamo nemmeno il sito. Si sono fidati solo della nostra conoscenza.

Come si evolve oggi il mercato fitness?
Cresce molto in Europa: nel 2018 si è registrato un +4%. Il volume generato a livello mondiale è di 32 miliardi di euro (3 miliardi di euro in Europa). In Italia ci sono 5 milioni di persone abbonate a qualche palestra o centro fitness, senza contare tutto l’indotto di app e upselling. Nel nostro Paese il mercato del fitness è cresciuto del +3,5% nello scorso anno.
Tutto sta cambiando: l’offerta si sta rapidamente adattando al nostro nuovo stile di vita. Scende il mercato dei classici centri fitness, cioè strutture che offrono i classici abbonamenti palestra più sale corsi. Cresce invece il mercato “boutique”, quello cioè di centri fitness – generalmente con metrature piccole -  specializzati in singole discipline. Esempio: i vari centri yoga, pilates, crossfit che si trovano oggi praticamente in tutti gli angoli delle grandi città. Milano (e il nord Italia in generale) ad esempio, ha nel nostro Paese il mercato più evoluto e il 70-75% è appannaggio delle “boutique”, a Roma invece solo il 25% (il restante è ancora coperto dai centri sportivi), ma il trend sta cambiando anche qui. In sostanza il mercato del fitness si sta allineando a quello di Germania, Regno Unito e Stati Uniti.

Come immaginate il mercato globale nel settore fitness tra 10 anni?
Di sicuro aumenterà l’”allenamento flessibile”, niente più abbonamenti annuali, che andranno via via scomparendo. Tutto si incentrerà sul benessere del cliente, in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo. Questo significa anche allenamenti a casa, non per forza in palestra. Da una parte le aziende come noi troveranno sempre più spazio, infatti gli investimenti a livello nazionale stanno crescendo negli ultimi 21-24 mesi, dall’altra parte crescono aziende che promuovono allenamenti on demand, cioè a casa, in ufficio o in un parco, da svolgere con un allenatore virtuale. Con questo tipo di funzione c’è la possibilità di partecipare a ogni tipo di workout con un sistema da remoto live: pensa ad esempio ad un insegnante che fa lezione in studio da New York e tu, in tempo reale, e in collegamento con altri 15 paesi del mondo, partecipi all’allenamento insieme ad altre 5mila persone.

Ci puoi fare qualche esempio?
Certo, ne abbiamo uno “in casa”: Technogym, leader mondiale nella produzione non solo di macchinari del settore fitness ma anche di tutta la tecnologia che c’è dietro. Ebbene, Technogym, 2 anni fa, ha investito in un’azienda britannica come la nostra e circa un mese fa, sul Sole24ore, ho letto una news dove ufficializzavano il fatto che in un paio di mesi avrebbero lanciato una piattaforma on demand con insegnanti Technogym da remoto. Stiamo parlando di un’azienda a dir poco strutturata, un faro nel mondo del fitness: se anche loro si spostano su queste cose significa che i centri sportivi del prossimo futuro si dovranno reinventare.
In Germania, Francia e Regno Unito aumentano le catene di franchising, cosa che non accade ancora da noi in Italia: in Gran Bretagna ad esempio c’è PureGym che ha 180 centri fitness, di cui 80 solo a Londra. In Italia c’è NetFit, la prima piattaforma open source di training on demand, ma deve ancora crescere.
Oggi i centri sportivi indipendenti hanno l’opportunità di collaborare con marchi più grandi e allora si affidano ad aziende come la nostra. Grazie alla collaborazione con aggregatori infatti si torna competitivi. Oggi, ad esempio, si punta molto su un target che va dai 20-22 anni fino ai 38, sono loro che cercano soluzioni sempre più flessibili. E qui i centri sportivi devono abbandonare il concetto di classico format annuale, pena la loro chiusura. In sostanza il fitness si sta reinventando.

Puntate molto sul Customer Care?
Nei centri sportivi c’è sempre una grande attenzione a queste cose ma il modo oggi è nuovo, nel centro sportivo classico si preferiva utilizzare delle strategie di customer care basate su telefono e promozioni commerciali che in sostanza erano iniziative non finalizzate a fidelizzare ulteriormente il cliente visto che questo aveva un abbonamento lungo, in genere annuale. Se scegli soluzioni più brevi le strategie di customer engagement cambiano e sono fatte in maniera diversa. C’è appunto un diverso engagement, dei sistemi di monitoraggio dell’allenamento, una motivazione del cliente sulla base dei feedback dei dispositivi, in altre parole una diversa attenzione rispetto all’utente.

La concorrenza vi spaventa?
Mettere su modelli come il nostro è difficile perché in Italia una nuova azienda deve lavorare per minimo 12-24 mesi per avere un network da presentare al cliente finale. Questo ci dà un grande vantaggio. Abbiamo competitor ma il mercato si evolve molto. Se il mercato cresce sempre di più, è in continua evoluzione, significa che ci può essere spazio per più brand. Se un competitor fosse arrivato 2 anni fa era una preoccupazione, oggi invece è addirittura una ulteriore opportunità. Penso ai modelli di delivery food come ad esempio Just Eat: quando arrivò era da solo, praticamente un monopolio, ora invece il mercato si è allargato tantissimo e ci sono diversi competitor. Prima Just Eat aggrediva una fetta di mercato del 2%, ora invece è al 5-6%, significa che sta crescendo sia l’azienda sia il mercato di riferimento.
Ecco, secondo noi i nostri modelli seguono lo stesso trend. Fino a 2 anni fa nessuno in Italia conosceva un mezzo come il nostro, e le persone oggi non solo lo utilizzano ma ci allargano il mercato, ci fanno in sostanza da evangelizzatori.

Qual è la vostra sfida attuale?
Il 2019 è un anno molto, molto importante per noi perché lo scorso anno abbiamo fatto degli ottimi risultati e preso delle decisioni importanti. Ora dobbiamo dimostrare di riuscire a lanciare la nostra divisione “corporate”, ad esempio vorremmo coinvolgere altre aziende a comprare il nostro prodotto per offrirlo ai propri dipendenti come benefit aziendale. Dobbiamo lanciare il b2b, scalare le revenues e ampliare la nostra base utenti.

Ok Matteo, grazie per la tua disponibilità. Ti facciamo un grande in bocca al lupo per i tuoi progetti futuri. Un’ultima domanda però: ci verrete a trovare a Rimini per il WMF19?
Verremo a Rimini di sicuro! Ci porto tutto il team. È un momento formativo importante, lo definirei “alto-locato”.

Bene, così magari vi faremo conoscere i finalisti della nuova edizione della Startup Competion e gli potrete dare qualche consiglio, che ne dici?
Perché no!


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