Arte e intelligenza artificiale per costruire nuovi immaginari?

Dall’arrivo sul mercato di grandi modelli linguistici (LLM) e modelli di immagine (TTI), il mondo dell’arte e della creatività è in fermento: l’intelligenza artificiale può essere usata nella creazione artistica? Se sì, in che modo? Dalla relazione tra esseri umani e macchine al tema del diritto d’autore, il dibattito è aperto ed emergono pratiche culturalmente rilevanti.

Venerdì 14 Marzo 2025
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Se Michelangelo, Frida Kahlo o Mozart avessero avuto l’intelligenza artificiale a servizio della loro creatività, l’avrebbero usata? E che opere avrebbero prodotto? Ricorderemmo e celebreremmo ancora i loro nomi di grandi artisti? Non possiamo rispondere a queste domande, ovviamente, ma l’avvento dell’IA sembra aver sparigliato le carte in ambito creativo e artistico. 

Nel caso in cui un’immagine creativa venga generata con poche righe di testo, chi possiamo considerare artista? Chi ha scritto il “prompt”? Oppure il software che lo ha elaborato? O, ancora, gli autori e autrici di tutte le immagini che sono state usate per allenare l’intelligenza artificiale e che contribuiscono a creare il risultato finale? La relazione tra la creatività umana e gli strumenti che la rendono possibile è sempre stata condizionata dallo sviluppo scientifico e tecnologico, ma l’intelligenza artificiale sembra averci fatto fare un balzo in avanti. 

Tra chi rifiuta radicalmente l’uso dell’AI in ambito creativo e chi abbraccia con entusiasmo ludico ogni nuovo prodotto lanciato sul mercato, le posizioni espresse dal mondo dell’arte e della cultura sono innumerevoli. 

In mezzo a questo quadro in movimento costante, emergono anche pratiche interessanti, come quelle raccontate da Le quotidien de l’art a proposito dell’uso dell’intelligenza artificiale per decolonizzare gli immaginari. 

Per esempio, l’artista brasiliana Mayara Ferrão, racconta il quotidiano francese, ha creato con l’AI una serie di scatti d’archivio che rappresentano coppie femminili omosessuali nel XIX secolo. All’origine del lavoro di Ferrão c’è il desiderio di (ri)costruire immaginari decolonizzati e immaginare un passato felice. 

Avvicinandosi all’IA, l’artista brasiliana si è resa presto conto che il software non era in grado di immaginare donne felici nel Brasile del diciannovesimo secolo semplicemente perché nessuna immagine di questo tipo era stata usata per allenare la macchina. Ecco allora che, attraverso la creazione di prompt dettagliati, Ferrão è riuscita a creare immagini di felicità laddove non ce n’era traccia o memoria. 

Se è vero che la tecnologia riflette i valori e la storia del mondo che la produce, approcci come quello dell’artista brasiliana mostrano come si possa usare la tecnologia, in questo caso l’intelligenza artificiale, per mettere in discussione le narrazioni dominanti e rielaborare criticamente prospettive storiche, sociali e culturali.


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